giovedì 9 febbraio 2012

Verso Leticia

Con la veloce e poderosa motonave Tuky primero partiamo all'imbrunire dal porto Masusa di Iquitos. E' un viaggio inaugurale per la nave, abitualmente impegnata su una rotta differente e l'equipaggio, giovanissimo, é piuttosto eccitato. I passeggeri non sono molti e nemmeno le merci caricate; per l'armatore il viaggio ha più che altro una funzione promozionale. Come vicino di camera abbiamo Xavier professore Limeño di storia e geografia che sarà una fucina continua di informazioni e aneddoti sul Peru che ci apprestiamo a lasciare dopo 4 mesi. A bordo i gringos sono abbastanza numerosi, c'é Gianni, curandero sciamanico di Viareggio, Barth Londinese ex studente SOAS in viaggio con Jeremia sudafricano. Una pacioccona di 18 anni di Heidelberg che stava anche sulla nave da Yurimaguas e per finire un paio di ragazzi di Città del Capo. La crociera anche stavolta si rivela interessantissima. Ci svegliamo all'alba e oltre alla luna piena che sta tramontando a nord ovest il cielo, stranamente privo di nuvole, ci offre una stupenda alba sul Rio. I primi villaggi che incontriamo vengono svegliati dall'arrivo inaspettato della nave che annuncia l'inizio del servizio regolare con il lancio dal ponte di splenditi e apprezzatissimi calendari. Verso le 9 attracchiamo a Pevas, preceduti dai delfini rosa in parata. La cittadina é capoluogo di dipartimento e sembra bellissima sopra la collina. Peccato che per paura di strafare abbiamo deciso di non fermarci perché due giorni qui sarebbero stati veramente notevoli. Ripartiamo; questa parte del fiume é decisamente più popolata di quella più a monte; i villaggi sono numerosi e anche le casette sparse e sperdute sembrano essere più frequenti. A metà giornata registriamo l'evento clou: sale a bordo un ganadero, un mandriano, con le phisique du role, stivali di gomma, canotta bianca, barba di due giorni e corpo ossuto. Parla col comandante e dopo poco siamo a riva. Si tratta di caricare a bordo un torello (di razza indiana, ci spiega Xavier che é aggiornato sulle innovazioni bovine in Amazonia) di mezza tonnellata che però spaventatissimo non ne vuole sapere e tira e salta in ogni modo. L'equipaggio tira con forza ma ad ogni salto del torello cresce la paura insieme alle urla del pubblico entusiasta appollaiato sui ponti più alti. Il ganadero strizza la coda la toro nella speranza di farlo salire ma questo non ne vuole sapere. Tira, salta, strizza, scappa alla fina lo issano in plancia dove assistiamo per qualche istante ad una corrida di Pamplona solo che il giovane equipaggio del Tuky non ha alcuna dimestichezza con la corride e scappa spaventato tra le lance della nave. Alla fine interviene il grasso e autorevole comandante che rivela di non essere tale per niente e riporta la situazione sotto controllo assicurando il torello ad una cima e questa al cancello della stiva. Scarichiamo il torello, le vacche e i vitelli di bordo a valle di San Luis (l'isola dei lebbrosi dei diari della motocicletta del Che) e anche qui non senza fatica. Per evitare rotture degli arti le bestie vengono gettate direttamente nel fiume e finalmente abbiamo la prova che le mucche sanno nuotare. Per il resto il viaggio procede in modo ordinario tra i racconti dei viaggiatori (il liutaio di Lima, il fratello di chi ha passato tre volte il confine Mex Usa da clandestino, Sendero Luminoso negli anni 80 ecc.), estasi naturalistiche e grida di uccelli e scimmie dalla riva. Arriviamo a Santa Rosa dopo 36 ore in una nebbia tropicale che il sole scioglierà definitivamente solo verso le nove.

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